Una via per la pace in Africa

By 6 Febbraio 2023 News No Comments

In un viaggio apostolico e di pace come quello di papa Francesco nella Repubblica Democratica del Congo e nel Sud Sudan – così poco reclamizzato dai mass media “nostrani”, forse perché lo stesso viaggio è foriero di verità difficili da sopportare alla coscienza occidentale che vede sbattersi in faccia la Storia e le storie di volti di popoli rimasti per troppo tempo a guardare la loro povertà essere sempre più vera, lontana da una minima possibilità di vita che possiamo definire “umana” – l’Africa ci coglie di sorpresa e ci dice che forse un altro modo di pensarla, aiutarla, di costruire una via per la pace e futuro di democrazia è possibile. Se le stesse popolazioni africane comincino finalmente ad allenare il cuore alla via del dialogo, della preghiera, del perdono vicendevole, in nome di un percorso di pace comune a tutti (il nuovo numero di Segno nel mondo contiene un interessante dossier sul tema della “pace”, per leggerlo clicca qui).

E allora, in questo sguardo “oltre il confine del sud del mondo”, che l’Occidente continua a ignorare, con la coscienza globalizzata e avida di materie prime – il cobalto, ad esempio – che servono come il pane per la moderna economia, anche la cosiddetta economia green, dobbiamo forse fidarci e lasciarci accompagnare in questa nostra visione dalle parole sante e terribilmente umane di Francesco.

Le parole di papa Francesco

«È in nome di Dio che, insieme alle vittime e a chi s’impegna per la pace, la giustizia e la fraternità, condanno le violenze armate, i massacri, gli stupri, la distruzione e l’occupazione di villaggi, il saccheggio di campi e di bestiame che continuano a essere perpetrati nella Repubblica Democratica del Congo. E pure il sanguinoso, illegale sfruttamento della ricchezza di questo Paese, così come i tentativi di frammentarlo per poterlo gestire. Riempie di sdegno sapere che l’insicurezza, la violenza e la guerra che tragicamente colpiscono tanta gente sono vergognosamente alimentate non solo da forze esterne, ma anche dall’interno, per trarne interessi e vantaggi».

L’Africa che abbiamo visto e conosciuto in questi giorni gronda di vergogna (la nostra, quella del mondo occidentale), di sangue, di conflitti tra fratelli e fratelli, di sfruttamento dei minori nelle miniere dei metalli preziosi. Ma è un’Africa che sentiamo comunque nostra. E come non potremmo fare altrimenti?

Papa Francesco si è recato in una terra sconvolta da conflitti quotidiani che costringono milioni di persone a lasciare le proprie case, provocano gravissime violazioni dei diritti umani, disintegrano il tessuto socio-economico, causano ferite difficili da rimarginare. Sono lotte di parte in cui si intrecciano dinamiche etniche, territoriali e di gruppo; conflitti che hanno a che fare con la proprietà terriera, con l’assenza o la debolezza delle istituzioni, odi in cui si infiltra la blasfemia della violenza in nome di un falso dio. «Ma è, soprattutto – rincara Francesco – la guerra scatenata da un’insaziabile avidità di materie prime e di denaro, che alimenta un’economia armata, la quale esige instabilità e corruzione. Che scandalo e che ipocrisia: la gente viene violentata e uccisa mentre gli affari che provocano violenze e morte continuano a prosperare!».

La voce di Dio chiama alla conversione

«Rivolgo un vibrante appello a tutte le persone, a tutte le entità, interne ed esterne, che tirano i fili della guerra nella Repubblica Democratica del Congo, depredandola, flagellandola e destabilizzandola. Vi arricchite attraverso lo sfruttamento illegale dei beni di questo Paese e il cruento sacrificio di vittime innocenti. Ascoltate il grido del loro sangue, prestate orecchio alla voce di Dio, che vi chiama alla conversione, e a quella della vostra coscienza: fate tacere le armi, mettete fine alla guerra. Basta! Basta arricchirsi sulla pelle dei più deboli, basta arricchirsi con risorse e soldi sporchi di sangue!».

Il Vangelo trasforma il mondo

Un’Africa però sorridente nei cori nei balli tradizionali, gaudente nell’appoggiarsi sulle spalle di un Papa, il loro Papa, che sanno essere padre che perdona, fratello che accompagna, amico che stringe la mano. Le strade che indica il Papa, in fondo, sono quelle di sempre, quelle del Vangelo.

Onestà per vincere la corruzione. Il perdono per ricominciare. Il servizio come potere che trasforma il mondo. Il card.Fridolin Ambongo Besungu, arcivescovo di Kinshasa, per Vatican News, dice: «Il messaggio del Papa è stato molto forte. Mentre i politici seminano odio tra i popoli, fanno leva sulla xenofobia, e alimentano la diffidenza tra la gente; i vescovi e la Chiesa sono chiamati a una altra strada, non devono entrare in questa logica». Gli fa eco il card. ruandese Antoine Kambanda, arcivescovo di Kigali, che ricorda con commozione il genocidio avvenuto nel suo Paese nel 1994, quando in cento giorni almeno 800mila persone furono uccise a causa di un conflitto etnico-politico. «Non è stato un genocidio causato da altri, dal di fuori. È stato fatto da ruandesi. Da popolazioni che convivono sulle stesse colline. Ogni collina ha avuto la sua tragedia. E noi oggi possiamo domandarci: come si fa a convivere dopo essere passati attraverso un genocidio?». La risposta di Kambanda riecheggia quella appena pronunciata dal Papa: «Il perdono è la strada per la convivenza. Per convivere bisogna perdonarsi. Il perdono è la chiave. Il perdono è una grazia di Dio e riguarda tutti: le persone, i singoli colpevoli. Ma anche le famiglie».

Il pellegrinaggio ecumenico in Sud Sudan

E anche nel Sud Sudan, in un pellegrinaggio dall’alto valore simbolico sulla via dell’ecumenismo, Francesco è accompagnato dall’arcivescovo di Canterbury, Justin Welby, e dal moderatore dell’Assemblea Generale della Chiesa di Scozia, Iain Greenshields. La via della pace è l’unica e sola via percorribile per una giovane nazione che ha voglia di impadronirsi del proprio futuro. 

Cristo sceglie la pace. Sempre. Durante la Preghiera ecumenica al Mausoleo “John Garang” di Giuba, Francesco sottolinea ai cristiani di diverse confessioni che pregare è la prima e più importante cosa da fare per operare bene. Di fronte a tribalismo e faziosità che in Sud Sudan alimentano violenze, la testimonianza dell’armonia fra i credenti sia da esempio.

Parole raccolte dal presidente della Repubblica del Sud Sudan, Salva  Kiir Mayardit, che promette un gesto di distensione: l’annuncio ufficiale della disponibilità a riprendere i colloqui di pace di Roma con i gruppi di opposizione sud sudanesi non firmatari (Nsssog). «La sua presenza tra noi è una pietra miliare storica», dice il capo di Stato riferito al Papa. Il governo locale aveva sospeso i colloqui mediati dalla Comunità di Sant’Egidio nei mesi scorsi citando la “mancanza di impegno” dei gruppi Nsssog. Salva Kiir Mayardit esprime l’auspicio che i «gruppi di resistenza da parte loro «ricambino questo gesto e s’impegnino sinceramente con noi per raggiungere una pace inclusiva nel nostro Paese».

Una via della pace è segnata. E provarci non è più utopia.
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