Aver cura dei lavoratori e della loro dignità

By 1 Maggio 2022 News No Comments

Il Messaggio annuale dei vescovi italiani per la Festa dei Lavoratori del 1° Maggio sin dal titolo si difende opportunamente dalla retorica di circostanza e dal fermarsi al livello dell’analisi critica, che in ogni caso è saggio esercitare. Non si spengano, infatti, le voci che danno voce ai più deboli e indifesi. “«La vera ricchezza sono le persone». Dal dramma delle morti sul lavoro alla cultura della cura”. Individuata la radice dei guasti del mondo lavorativo – relativamente e precisamente al fenomeno delle morti bianche – che si può riassumere in un atteggiamento generalizzato di in-curia, si pone il focus sulla cultura della cura.

Le morti sul lavoro si verificano principalmente sui luoghi di produzione. Ogni volta che si consuma una tragedia si pronuncia la parola inaccettabile, ma passano i giorni e i numeri aumentano. Il numero di morti sul lavoro, come anche quelli di incidenti non mortali, sono terribili e descrivono famiglie, relazioni, ambienti che in conseguenza di questi tragici accadimenti peggiorano la qualità della vita delle persone coinvolte e delle loro famiglie.

Cosa fare, allora? Sicuramente le misure messe in campo dalle istituzioni aiutano a prevenire e a evitare incidenti sul lavoro, ma è necessaria una maggiore consapevolezza nella parte datoriale e nella componente lavorativa in grado di aiutare a produrre in sicurezza; i piani europei di sviluppo (Pnrr e altre iniziative di sistema) devono rappresentare una ghiotta occasione per un cambio di paradigma, orientando i costi per la sicurezza nella direzione degli investimenti in grado di produrre alta qualità e bassi rischi. La Settimana sociale di Taranto dello scorso autunno ci ha consegnato un importante compito, difficile da affrontare ma assolutamente sfidante: quello di coniugare sviluppo e ambiente, lavoro e sicurezza con le categorie adatte che tengano al primo posto la dimensione umana del lavoro e delle relazioni. Una risposta può arrivare anche dalla formazione che va implementata. Il documento dei vescovi segnala o allude ad alcuni beni comuni per i quali agire con responsabilità, attivando percorsi educativi. Innanzitutto, il «capitale umano», le persone, i lavoratori con il loro portato di dignità. Andranno considerati in modo permanente il diritto alla salute, le esigenze di libertà espressiva, la domanda di crescita nelle competenze.

Altro bene di cui occuparsi e preoccuparsi con cura è l’integrazione tra lavoro e capitale per una economia dal «volto umano», per modelli di produzione sostenibili, umanizzanti, inclusivi e rispettosi dell’ambiente. Ulteriore bene, almeno per i credenti, che va condiviso e “annunciato” – non alieno dalle dinamiche storiche, politiche ed economiche – è la Parola di Dio. Il Vangelo, pregato e accompagnato dalla riflessione teologica e del magistero che in esso affondano le radici, plasma una sensibilità “politica”, di cura dei beni comuni e del bene comune. Fornisce delle coordinate etiche e culturali sagge anche per chi non è spinto ad agire dalla fede, e tuttavia intuisce un orizzonte di senso che la Parola consegna. Le pagine bibliche ci educano a piangere con chi piange, a gioire con quanti fanno festa (cfr. Rm 12,15), ad aver cura della terra, del lavoro e della felicità dell’uomo (cfr. Gen 2,15), a rimboccarci le maniche per agire in qualità di artigiani della giustizia e della pace (cfr. Fratelli tutti).

Anche il Mlac ha inteso dare il proprio contributo al percorso post-Taranto attraverso la proposta di un contest dal titolo “parrocchie ecologiche”, una opportunità per ripensare la questione ecologica, vista in tutte le sue sfaccettature, coniugata all’esperienza parrocchiale. Può anche essere considerata una occasione di cura verso le persone e le relazioni che abitano le nostre realtà parrocchiali.

Un tema ancora attuale nella vita lavorativa delle persone riguarda la condizione della donna. «È ancora insufficiente e inadeguata la promozione della donna nell’ambito professionale. A questa attenzione ci sollecita anche la figura di Armida Barelli, beatificata ieri, 30 aprile, a Milano: promosse numerose iniziative per la valorizzazione della donna». Il riferimento alla Barelli, figura storica di primissimo piano per le vicende dell’Azione Cattolica e per la promozione emancipatrice nel percorso dei movimenti femministi, onora una verità storica e valorizza l’iniziativa e il pensiero profetico di una donna, che si percepiva come una «zingara del buon Dio» (Prefazione di Papa Francesco al volume La zingara del buon Dio di E. Preziosi), a segnalare una vivacità infaticabile nella mobilità e nell’animazione culturale ed associativa attraverso le regioni italiane. La si può definire donna della cura! In senso proprio ed evangelico. «A voi la viva raccomandazione di dar bando alla tristezza che intorpidisce l’anima […] bando alle apprensioni eccessive per le cose terrene e per le occupazioni, per l’apostolato interrotto: tutto è in mano di Dio, ne disponga Lui come meglio crede», così scriveva nel 1942. Eravamo nel pieno del conflitto bellico, nel quale la Chiesa e l’Ac erano sfidate nella loro libertà di parola e di azione dal regime fascista, eppure le limitazioni esterne non la facevano desistere dalla sua progettualità concreta, perché le opere erano sostenute dalla fiducia nell’Opera della salvezza, dal cantiere della misericordia e della cura saldo nelle mani di Dio. Laboratorio che oggi domanda accoratamente partecipazione fiduciosa ed inclusiva. Buon lavoro!

Tommaso Marino è segretario nazionale del Movimento Lavoratori di Azione Cattolica (Mlac)Don Fabrizio De Toni è assistente nazionale del Settore Adulti di Ac e del Mlac
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