Alla ricerca del consenso popolare

By 6 Settembre 2022 News No Comments

È un dato di consapevolezza diffusa tra i cittadini delle liberal-democrazie che i governanti debbano essere espressione dei governati, così che l’attività dei primi risulti sempre accompagnata e sostenuta dal consenso dei secondi (per leggere gli altri contributi clicca qui) . E in realtà, al cuore dei sistemi democratici si pone con forza l’istanza di libertà (o, se si vuole, di autodeterminazione) della persona: come nella sfera privata si ritiene che sia il singolo il miglior giudice del proprio interesse, così  nella dimensione pubblica si postula che debba essere rimesso a ciascuno (in quanto cittadino: perciò a tutti!) la prima (e l’ultima) decisione relativa alla direzione politica della comunità; relativa, dunque, all’individuazione del bene comune possibile alle condizioni storicamente date ed alla scelta in ordine alle forme ed agli strumenti per la sua concreta realizzazione.

Alcune criticità dei sistemi democratici

Ma precisamente in relazione a tale postulato si può evidenziare più di un profilo di criticità dei sistemi democratici. In primo luogo, conviene fare riferimento alla penetrante riflessione avanzata molti secoli fa dal genio di Platone, secondo la quale non si può in alcun modo escludere (anzi…) che la comunità dei cittadini, magari sedotta da proposte demagogiche e populistiche (che prefigurano soluzioni facili, a costo zero, di problemi complessi…) indirizzi il proprio consenso in direzione di governanti che non risultino in grado di esercitare adeguatamente il potere, di garantire congrua protezione agli interessi meritevoli di tutela; per essere più precisi, in direzione di governanti non capaci di gestire la res publica implementando e inverando in modo equilibrato e calibrato sul contesto storico i valori sanciti nella Carta costituzionale. Anzi, purtroppo non si può affatto escludere che le elezioni (e, più in generale, il consenso popolare) premino indirizzi politici (più o meno espressamente…) del tutto incompatibili con i valori costituzionali: a esempio, nel caso del nostro Paese indirizzi politici che non siano aperti alla dimensione internazionale ed europea, ovvero che presentino un’impronta di tipo razzista, ovvero che non riconoscano la natura universale dei diritti dell’uomo costituzionalmente garantiti.

In proposito, conviene subito osservare che tutte le volte che il consenso popolare si volga a sostegno di proposte politiche che si rivelino quali – per così dire – “patologie” della convivenza democratica, queste ne vengano non già attenuate né tantomeno eliminate, ma piuttosto aggravate. Per adottare il linguaggio penalistico, il consenso dei cittadini relativo alle “patologie politiche” opera non come circostanza attenuante o esimente, ma come aggravante: infatti, il consenso popolare, lungi dall’eliminare o ridurre il vulnus da tali “patologie” arrecato alla convivenza politicamente organizzata, concorre potentemente ad accentuarne gli effetti negativi e, soprattutto, a stabilizzarle e radicarle nel sistema.

Con disciplina e onore

In realtà, la fisiologia degli ordinamenti democratici contemporanei riposa nella capacità della comunità politica di scegliere nelle elezioni e costantemente sostenere forze politiche in grado di esprimere titolari di cariche pubbliche che adempiano le funzioni pubbliche loro affidate “con disciplina ed onore” (come recita l’art. 54, II comma, Cost.), di gestire l’organizzazione dei pubblici garantendone un’azione efficace ed efficiente, di offrire un’attuazione coerente ed equilibrata dell’intera tavola di valori costituzionali. All’interno di una simile dinamica virtuosa, il consenso dei cittadini esprime tutto il suo potenziale positivo, veicolando, anche grazie alla necessaria mediazione delle forze politiche, le istanze della società civile all’interno della sfera istituzionale, supportando e alimentando l’attività delle pubbliche autorità volta a tutelare gli interessi costituzionalmente tutelati.

È appena il caso di evidenziare qui la complessità delle condizioni che i delicati equilibri di un sistema liberaldemocratico esigono; ad esempio, occorre che tra società civile, sistema partitico e istituzioni pubbliche si instaurino relazioni tali da garantirne a un tempo la reciproca autonomia e il parimenti necessario costante collegamento. Non casualmente abbiamo più volte dovuto constatare come sia assai arduo esportare (soprattutto con le armi…) un simile modello politico-istituzionale in paesi nei quali quelle condizioni non siano storicamente maturate. 

Certamente, nessuno può sottovalutare l’infungibile ruolo giocato, nella prospettiva di un fisiologico funzionamento di un sistema democratico, dalla cultura politica (ma anche civile e tecnico-scientifica) diffusa nella comunità civile.  Ma in conclusione di questa breve riflessione, giova mettere in evidenza lo stretto rapporto che sussiste tra la fisiologia di una democrazia matura e il carattere libero, aperto, informato e critico che deve connotare il confronto politico, specialmente in periodo elettorale (ma in realtà sempre!). È cioè necessario che le scelte dei cittadini maturino all’interno di una dialettica tra le forze politiche che non si risolva in una sterile e vacua giustapposizione di slogans e di vuoti monologhi propagandistici, ma che risulti aperta a tutte le posizioni in campo, capace di concentrarsi sui reali problemi del Paese e sulle relative (realistiche) soluzioni, delle quali vengano illuminati, insieme agli auspicabili benefici, i prevedibili costi; capace non solo di manifestare rispetto per tutte le persone, ma anche di non demonizzare le differenti proposte avanzate. All’interno di un confronto così caratterizzato, potrà formarsi un consenso dei cittadini davvero libero e informato, genuina manifestazione di un’autentica democrazia.
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