L’anello debole

By 19 Ottobre 2022 News No Comments

«Il Rapporto non ci può far continuare come prima. È come se a me dicessero: “Guarda, tu hai i valori sballati”, allora devi andare dal medico e ti fai curare. Questi valori sono sballati, perché vedere che quasi sei milioni di persone sono in povertà assoluta è un valore sballato nell’organismo del nostro Paese, che richiede quindi, ovviamente, dei cambiamenti, delle terapie, delle scelte, perché se continuiamo ad avere un dato così tutto l’organismo si ammala. Non è un problema di quelle persone per cui cerchiamo di fare qualche cosa, è anche una difesa di tutto l’organismo. La Fratelli tutti e anche la consapevolezza del Covid ci aiutano a capire che non va bene accettare che ci sia un numero così alto di poveri». Il card. Zuppi, presidente della Cei, così commenta il 21° Rapporto su povertà ed esclusione sociale di Caritas italiana dal titolo, L’anello debole, presentato, il 17 ottobre in occasione della Giornata internazionale di lotta alla povertà.

I dati che emergono sono duri, perché già iniziano a delinearsi i problemi socio-economici dovuti al Covid. E allo stesso tempo imbarazzanti, considerando che il prossimo anno ci sarà una visione più complessiva e sicuramente più deficitaria a causa dell’attuale recessione che stiamo vivendo a causa della guerra.

Un Paese sempre più povero

Dati duri, appunto. E imbarazzanti. Duri perché le cifre ci offrono un Paese sempre più povero e arrabbiato, e imbarazzanti perché il welfare state è stato completamente abbandonato come politica economica attiva, lasciando il campo a strumenti di natura più assistenziale con enormi problemi di criticità. Dal Rapporto emerge che non esiste una sola povertà: ce ne sono tante, acuite dai disastrosi effetti della pandemia, ancora in corso, e dalle ripercussioni della vicina guerra in Ucraina. Basterebbe questa cifra per suonare il campanello rosso: nel 2021 i poveri assoluti nel nostro Paese sono stati circa 5,6 milioni, di cui 1,4 milioni di bambini (in proposito segnaliamo il link di Note di politica pubblicate su questo sito)

I giovani i più colpiti

Tra gli “anelli deboli”, i giovani, colpiti da molte forme di povertà: dalla povertà ereditaria, che si trasmette “di padre in figlio” per cui occorrono almeno cinque generazioni a una persona che nasce in una famiglia povera per raggiungere un livello medio di reddito; alla povertà educativa, tanto che solo l’8% dei giovani con genitori senza titolo superiore, riesce a ottenere un diploma universitario.

Solo nel 2021 quasi 2.800 Centri di ascolto Caritas hanno effettuato oltre 1,5 milioni di interventi (in questo senso la Chiesa italiana, con la sue rete di associazioni e parrocchie è da tempo la prima e vera risposta a un welfare mancante di natura pubblica), con un aumento del 7,7% delle persone che hanno chiesto aiuto rispetto all’anno precedente.

L’Italia spaccata in due

L’Italia è sempre spaccata in due. L’incidenza della povertà si conferma più alta nel Mezzogiorno (10%) mentre scende in misura significativa al Nord, in particolare nel Nord-Ovest (6,7%). Colpisce il riferimento all’età, con i livelli di povertà che continuano a essere inversamente proporzionali all’età: la percentuale di poveri assoluti si attesta infatti al 14,2% fra i minori (quasi 1,4 milioni bambini e ragazzi poveri), all’11,4% fra i giovani di 18-34 anni, all’11,1% per la classe 35-64, anni e al 5,3 per gli over 65. Insomma, in questo Paese stanno meglio gli anziani.

Le politiche di contrasto

Il Rapporto si conclude con una valutazione delle politiche di contrasto alla povertà, con particolare attenzione alle prospettive di riforma e investimento derivanti dal PNRR e dal programma europeo Next generation EU. Tre punti cardine: come realizzare buone politiche contro la povertà assoluta; quali interventi pubblici sono adeguati per fronteggiare l’alto rischio di povertà ed esclusione sociale in Italia; quale ruolo la rete delle Caritas può svolgere in uno scenario di politiche pubbliche profondamente mutato negli ultimi anni. Scrive il Rapporto che «la misura di contrasto alla povertà esistente nel nostro Paese, il Reddito di Cittadinanza, è stata finora percepita da 4,7 milioni di persone, ma raggiunge poco meno della metà dei poveri assoluti (44%). Sarebbe quindi opportuno assicurarsi che fossero raggiunti tutti coloro che versano nelle condizioni peggiori, partendo dai poveri assoluti. Accanto alla componente economica dell’aiuto vanno garantiti adeguati processi di inclusione sociale. Ma al momento una serie di vincoli amministrativi e di gestione ostacolano tale aspetto». 

Particolare attenzione poi va data ai nuovi progetti in partenza, finanziati dal Pnrr, tra cui Gol (Garanzia occupabilità lavoratori), un programma pensato per rafforzare i percorsi di occupabilità di disoccupati, lavoratori poveri o fragili/vulnerabili.

Il prossimo Governo avrà molto da fare. Un Paese sano è quello che cresce insieme. Fragili e forti, poveri e ricchi, middle class e intellettuali. Lasciare indietro uno solo di questi mondi significa destinare il futuro del nostro Paese a un’agonia che non si merita e al pericolo di nuove fratture sociali.
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