Istat Italia. Si aggrava l’inverno demografico

By 4 Aprile 2024 News No Comments

La sfida da vincere è economica e culturale, ad un tempo. Servono bonus e assegni, certo. Ma serve innanzitutto un cambiamento di mentalità. Il passaggio da “famiglia che consuma” a “famiglia che genera”. Del resto, i dati Istat per l’anno 2023 non lasciano dubbi e si confermano una accelerazione della tendenza in corso da anni: i nati residenti in Italia sono stati 379mila, con un tasso di natalità pari al 6,4 per mille (6,7 nel 2022). La diminuzione di nascite rispetto al 2022 è di 14 mila unità (-3,6%).

Dal 2008, ultimo anno con un aumento delle nascite, il calo è di 197mila (-34,2%). Il numero medio di figli per donna scende da 1,24 nel 2022 a 1,20 nel 2023. Molto vicino al minimo storico di 1,19 figli nel lontano 1995. E in 10 anni le donne in età fertile sono diminuite di 2 milioni a quota 11,5 milioni, difficile dunque sperare in una ripresa.

L’immigrazione è una risorsa imprescindibile per l’Italia

L’immigrazione conferma il ruolo importante nel contesto demografico. Gli stranieri nel 2023, oltre a frenare il calo della popolazione con un saldo migratorio che compensa quasi del tutto il saldo naturale negativo, contribuiscono a rallentare l’invecchiamento. Nel 2023 il saldo migratorio con l’estero è pari a +274mila unità, un guadagno di popolazione effetto di due dinamiche opposte. Da un lato l’immigrazione straniera, ampiamente positiva (360mila), esiguo il numero di partenze di stranieri (34mila). Dall’altro, l’emigrazione all’estero degli italiani (108mila) non è rimpiazzato da altrettanti rimpatri (55mila). Il risultato è un guadagno di popolazione straniera (+326mila) e una perdita di cittadini italiani (-53mila).

I prossimi Stati generali della natalità

Vengono in mente i non troppo lontani appelli di papa Francesco, i suoi tentativi di mettere al centro della nostra attenzione il tema della natalità. Sottolineando, ma meglio sarebbe dire denunciando, che è «urgente» e «basilare» invertire la tendenza e rimettere in moto l’Italia: «a partire dalla vita, a partire dall’essere umano», come ebbe a dire in occasione del suo intervento alla prima edizione degli Stati generali della natalità, promosso dal Forum delle famiglie nel maggio 2021 a Roma. (Ricordiamo che la quarta edizione degli Stati generali della natalità è il programma  il 9 e 10 maggio 2024).

L’Italia per nascite è fanalino di coda in Europa

L’Italia si trova così da anni con il numero più basso di nascite in Europa, in quello che sta diventando il vecchio Continente non più per la sua gloriosa storia, ma per la sua età avanzata. Con un’immagine, in questo nostro Paese ogni anno è come se scomparisse una città di oltre duecentomila abitanti.

Conosciamo già le cause della scarsa natalità: tardivo raggiungimento dell’indipendenza economica e abitativa, carriere che sacrificano la famiglia, scarse politiche di conciliazione famiglia-lavoro, cultura familiare svilita. Senza dimenticare che fare un figlio costa.

La denuncia del Forum delle famiglie

Come denunciato più volte da Adriano Bordignon, presidente del Forum delle famiglie, in Italia, Paese sviluppato e strategico del G20, più di una famiglia su quattro entra nella soglia di povertà relativa alla nascita del terzogenito e il terzo figlio è la seconda causa di povertà dopo la perdita del lavoro. «Di fronte a tutto ciò – sostiene Bordignon – serve un Piano shock di rilancio di cui deve farsi immediatamente carico la politica nazionale, ma anche europea e locale. Non possiamo più perdere tempo altrimenti verremo ricordati come quelli che sapevano e non hanno agito».

Un figlio è evento che incide profondamente sull’economia familiare e non stupisce la contrazione di nascite in anni di crisi economica e di impoverimento dei salari che hanno prostrato l’umore e il portafoglio della popolazione.

Serve una cultura della natalità

La denatalità impone, dunque, di riconsiderare i paradigmi socioeconomici. Tuttavia non servono paroloni tecnici per rimboccarsi le maniche. Una comparazione ad ampio spettro permette anche di rinvenire quanto possa essere determinante, nel favorire una cultura della natalità (perché è di questo che parliamo), l’efficacia delle politiche a sostegno della famiglia: la certezza di poter usufruire di sussidi e servizi per i propri figli gioca un ruolo fondamentale nel tenere in armonia la condizione di lavoratore con quella di genitore. Da questa semplice considerazione potrebbe partire una riflessione più ampia sulla famiglia. Perché oggi, in Italia, uno dei fattori che contribuisce a dissuadere molti giovani dalla scommessa su una famiglia propria è la configurazione stessa della famiglia come uno svantaggio: legarsi in un tempo di cose effimere, assumersi la responsabilità di una nuova creatura davanti a modelli politici, istituzionali e sociali che fanno la corsa alla deresponsabilizzazione, darsi una regola di vita mentre il mondo viene deregolamentato; tutto questo appare sconveniente, anacronistico, forse addirittura inutile.

Da “famiglia che consuma” a “famiglia che genera”

La sfida da vincere è economica e culturale, ad un tempo. Servono bonus e assegni, certo (anche se in verità è ancora ben poco quello che la politica ha deciso di destinare alle famiglie, “Assegno unico” compreso). Serve innanzitutto un cambiamento di mentalità, di priorità da parte di tutti, singoli e comunità. Il passaggio da “famiglia che consuma” a “famiglia che genera”.Non è una trasformazione da poco. Per i credenti è ricordarsi che la famiglia è la «cellula fondamentale della società» (Evangelii gaudium, 66); che il matrimonio è realmente un progetto di costruzione della «cultura dell’incontro» (Fratelli tutti, 216). È per questo che alle famiglie spetta la sfida di gettare ponti tra le generazioni per trasmettere i valori che costruiscono l’umanità. Insomma, c’è bisogno da parte delle famiglie di una nuova generatività e creatività per esprimere nelle sfide attuali i valori che ci costituiscono come popolo di Dio nelle nostre società e nella Chiesa.
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