Vent’anni di vantaggio

By 7 Aprile 2024 News No Comments

«Di qualsiasi cosa i mass media si stanno occupando oggi, l’università se ne è occupataventi anni fa e quello di cui si occupa oggi l’università sarà riportato dai mass media travent’anni. Frequentare bene l’università vuol dire avere vent’anni di vantaggio. È la stessaragione per cui saper leggere allunga la vita. Chi non legge ha solo la sua vita, che, viassicuro, è pochissimo. Invece noi quando moriremo ci ricorderemo di aver attraversato ilRubicone con Cesare, di aver combattuto a Waterloo con Napoleone, di aver viaggiato conGulliver e incontrato nani e giganti. Un piccolo compenso per la mancanza di immortalità»(Umberto Eco).

Tra i tantissimi corsi universitari, ce n’è qualcuno che oltre ad assegnare materiale da studiaredia anche spazio alla ragione per cui farlo, offrendo l’occasione per discutere le motivazionipersonali che ci appassionano all’approccio con il tema? Che senso ha l’Università oggi? E’ancora un luogo generativo per la generazione di giovani che sogna di contribuire in manieraqualificata alla società dell’oggi e del domani?La stessa parola studium racchiude un significato ben più profondo dell’applicarsi in unadisciplina, come se le conoscenze dovessero attaccarsi in testa come post-it, poi. Nel termineè racchiuso tutto il senso di cura, della diligenza e dell’impegno, uniti all’entusiasmo, allapassione e all’amore per il sapere, per ciò che si potrà così saper fare per e con gli altri.

Che tu sia studente, laureato, o curioso di fare un affondo nel mondo dell’Università, questiarticoli saranno l’occasione per dare spazio e spunti a questa costruzione di senso. Chiunquevorrà potrà riflettere sull’esperienza vissuta o che stai vivendo, guardando alla disciplina cheha preso a cuore e chiedendosi: che cosa ho colto di questa disciplina? quali chiavi di lettura estrumenti per stare e agire nel mondo mi può dare? a che cosa potrebbe servire per ilmiglioramento della società?

Si troverà così a rileggere la propria storia personale in relazione all’impegno nello studio,con gli entusiasmi e le fatiche, gli incontri che hanno chiarito o hanno aiutato nel cammino, lescoperte entusiasmanti e il senso di un percorso in continua evoluzione. Si tratta di unagrande ricchezza, spesso sommersa perché non illuminata da uno sforzo di consapevolezza,perché non trova posto tra le voci del libretto universitario o del curriculum vitae. Noivogliamo darle attenzione perché crediamo che sia la struttura portante della formazionepersonale, senza la quale quella professionale si rivelerebbe un guscio vuoto. Lo studio ti hafatto e ti fa crescere personalmente? come?

Ogni storia ha una trama, è tessuta di fili che con continuità attraversano i singoli episodimostrandosi in modi differenti, evolvendo nelle forme, garantendo l’originalità, ovvero ilcollegamento con l’origine. L’esercizio di connettere le tappe della nostra storia presente epassata, riconoscendo ciò che più ci ha colpito – è stato significativo perché ha lasciato unsegno – è un modo per imparare a scegliere nel futuro. È ascoltando ciò che risuona piùvivamente in noi che distinguiamo i desideri profondi del nostro cuore e ci orientiamo arealizzare i sogni che vanno maturando in noi. Perché un ragazzo, una ragazza ha scelto difare l’università, e questo percorso di studi? come si è evoluta la sua motivazione? qualiprogetti di vita li hanno spinti in questa direzione? quali elementi l’hanno confermata odisconfermata?

Guardando a distanza di tempo i moti del cuore che abbiamo sperimentato, scorgiamo oltre leemozioni che ci hanno attraversato e ci addentriamo nello spazio della volontà, dei valori, deidesideri. È la dimensione spirituale della persona, cioè della vita interiore, che accomunacredenti e non. Come la ricerca esistenziale ed intellettuale si intersecano? Chi vive o havissuto questo percorso di crescita in una dimensione di fede, poi, si pone ulteriori domandeetiche, ontologiche, pragmatiche.

L’esperienza dello studio universitario, in qualunque ambito si collochi, è un’esperienzadeterminante per un giovane. Per la sua identità, per la sua maturazione, per la costruzione diuna personale visione del mondo e del futuro, per la sua capacità di collocarsirelazionalmente, socialmente, culturalmente. Essa mette alla prova la capacità del giovane diattrezzarsi adeguatamente, di sperimentare atteggiamenti determinanti, come laprogrammazione realistica, la capacità di organizzarsi, di motivarsi, di vivere la fatica el’impegno, l’incontro con i propri limiti, ma anche la gioia della scoperta, l’usodell’immaginazione, l’accostamento al mistero. E la capacità di immaginare il futuro.Tutto questo passa attraverso storie personali di vita, incontri-scontri con la realtà dello studioe dell’università, delle persone che ne fanno parte e delle esperienze in cui ci immergiamo,del contesto del piccolo e grande mondo in cui siamo immersi.

Alla luce di tutto ciò, questa rubrica nasce con l’intento di dare voce a questa ricchezza,celata nel percorso di formazione di ciascuno e troppo spesso nascosta all’ombra delle tappeufficiali nell’università, che fatichiamo a riconoscere e valorizzare anche in prima persona.Non si tratta infatti di fare uno studio sociologico o una raccolta di saggi dotti sul tema deigiovani, le loro prospettive, del futuro del lavoro ecc. Diversamente da quanto spesso accade,la rubrica è uno spazio pensato da giovani in cui i giovani stessi raccontano la propriaprospettiva “dall’interno”. Un “interno” che significa sia senza uno sguardo adulto che siavvicina con una prospettiva diversa, sia con l’attenzione alla vita interiore di ciascuno, inprima persona.

Diamo spazio quindi ai racconti di come diversi giovani hanno vissuto questo periodo e disperanze/disillusioni, in cosa è mutato cammin facendo, e se e come è stata un’esperienza “divita vera” (Etty Hillesum)1.

1 «Quando, in passato, sedevo alla mia scrivania, ero presa da irrequietezza al pensiero diperdermi qualcosa fuori, qualcosa della “vera” vita. E così non riuscivo mai a concentrarmisui miei studi. E quando ero immersa nella “vita vera#”, in mezzo alle persone, provavosempre il desiderio disperato di tornare a quella scrivania e non ero affatto allegra insiemeagli altri. Quella distinzione artificiale tra studio e “vita vera” adesso è scomparsa. Adesso“vivo” davvero dietro alla mia scrivania. Lo studio è diventato una “vera” esperienza di vitae non è più solo qualcosa che riguardi la mente. Alla mia scrivania io sono completamenteimmersa nella vita, e trasporto nella “vita vera” la tranquillità interiore e l’equilibrio che misono conquistata nell’intimo. Prima dovevo ogni volta ritirarmi dal mondo esterno, perché lemolte impressioni mi confondevano e mi rendevano infelice. Dovevo rifugiarmi in una stanzasilenziosa. Adesso quella “stanza silenziosa”, per dir così, la porto sempre con me, e mi ciposso ritirare a ogni istante, sia che mi trovi in un tram pieno di gente sia nel mezzo dellaconfusione in città» (Etty Hillesum).

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